Gli adolescenti ricchi usano Instagram, quelli poveri Facebook

(Foto: Corbis)

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Davvero gli adolescenti utilizzano i social network in base al reddito della famiglia? E quindi, in altre parole, a quanto sono (o si sentono) ricchi? Traduzione per i nostri interessi: si sta forse disegnando in questi anni – diciamo nel decennio di Menlo Park – una mappa di classe digitale che dalle città, dai quartieri, dalle scuole, dai locali che si frequentano sta trasferendo i propri confini non solo agli oggetti e ai dispositivi ma anche alle piattaforme digitali?

Il discorso è più complesso. Servirebbero parecchi approfondimenti. Tuttavia l’ultimo studio del Pew Research Center sui giovani statunitensi fornisce, fra i tantissimi spunti di riflessione, un serie d’indicazioni che vanno proprio in questa direzione. Anzitutto, gli analisti la prendono alla lontana, certificando come Facebook rimanga il social dominante negli Stati Uniti, perfino per i bambini. Della tanto paventata fuga dei teen non c’è più traccia.

Ciò di cui invece c’è traccia – a parte l’esistenza connessa che contraddistingue 9 ragazzi su dieci, il 24% dei quali sta costantemente sul web – è l’articolazione del proprio ecosistema sociale. Nel senso che Facebook, che non molla anche perché la sfida si gioca quasi interamente in casa, sembra diventato il centro di una costellazione popolata di diverse altre sponde. Sette adolescenti su dieci confermano infatti di aver attivato profili su più di un sito e sei su dieci raccontano di utilizzare più spesso altre piattaforme: Instagram su tutte poi Snapchat, Twitter, Tumblr e Vine.

Fin qui la ricognizione di massima. L’aspetto interessante sembrerebbe invece un altro. Cioè il fatto che gli utenti fra 13 e 17 anni le cui famiglie sono caratterizzate da basso reddito siano i più affezionati a Facebook. Non è un caso, conferma Pew, che oltre la metà dei teenager "più poveri" delle fasce messe sotto la lente piazzino il sito di Zuckerberg al vertice delle proprie preferenze. Cioè dei servizi che usano più spesso. Una scelta compiuta solo dal 31% dei ragazzi che vivono in famiglie ad alto reddito. Quest’ultimi sembrano più coinvolti da Instagram e in seconda battuta da Snapchat e Twitter.

I grafici preparati dall’istituto statunitense, in effetti, sono impressionanti. Ad esempio, sotto i 30mila dollari (28mila euro) di reddito il 51% usa Facebook e le altre piattaforme seguono a enorme distanza. La prima è Instagram al 19%. Con l’eccezione della seconda fascia presa in esame (fra 30mila e 49mila dollari, dove Facebook cala e Instagram non cresce) negli altri scalini il rapporto è inversamente proporzionale.

Se fra i ragazzi appartenenti a nuclei che guadagnano fra i 50 e i 75mila dollari l’uso di Facebook si ferma al 46% e quello di Instagram sale al 17%, in quelli fra 75mila e 100mila Menlo Park perde 11 punti percentuali, a tutto vantaggio di Instagram che sale al 21%. Per toccare la vetta del 25% nell’ultimo intervallo di reddito considerato (sopra i 100mila dollari) dove i due social quasi si affiancano: Facebook al 31% e Instagram al 25%. Con un significativo 15% di Snapchat. Messi insieme superano il primo in classifica. E lo staccano pesantemente se si considerano anche giovani, ricchi utenti che preferiscono cinguettare (8%).

Dopo i numeri le valutazioni. L’ho detto, sono cifre che al momento significano poco e si limitano oltre tutto alla realtà socioeconomica statunitense. Tuttavia è innegabile – anche per l’interesse dei brand, dei vip, dei personaggi più influenti dello spettacolo – che Instagram, per la sua grammatica leggera, sia la finestra perfetta, ancor più di Facebook, per mettere in mostra la propria vita senza ulteriori implicazioni. Senza cioè doversi prendere cura di quel baraccone bianco e blu pieno, anzi strabordante di inviti, eventi, pubblicità, contenuti e persone che è appunto la piattaforma madre.

Instagram è dunque un modo per stare dentro il circuito dei social e allo stesso tempo rimanere almeno con un piede fuori dalle dinamiche che lo contraddistinguono. Sì, si possono mandare foto privatamente, ma in fondo chi lo fa? L’articolazione dei commenti, tranne che nei casi di chi ha migliaia di follower, è estremamente semplice, così come l’interazione. Per converso occorrono una certa costanza, magari anche un minimo di gusto nell’editing degli scatti o dei video, e originalità. Come questo possa collegarsi più alle preferenze dei teenager provenienti da famiglie benestanti che a quelle di chi ha la paghetta più bassa è ancora tutto da verificare.

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Myskin Featured

9 ore

Non era necessario uno studio per capire che un social che si basa solo sulle immagini è più in voga tra chi ha bisogno di sentirsi appagato sfoggiando ciò che ha in un selfie. Non era necessario uno studio per comprendere che facebook non è più una novità, che ha stancato e che di certo non possiede più nulla di elitario. E' evidente quanto il web non è più un luogo libero, quanto la stratificazione sociale ormai ha infettato anche quello che era il rifugio dei sognatori poveri.

Non era necessario uno studio per farci capire che siamo delle povere capre che non capiscono nulla di ciò che gli accade intorno. Fate uno studio su quelle poche persone che non usano internet per socializzare o per raggiungere l'erezione, sarebbe bello cercare di far vedere a tutte le pecore del gregge, come me, che si può vivere bene senza questa merda. Un tempo si diceva: "Spegni la tv e accendi il cervello", oggi si dovrebbe dire: "Cancella facebook e riprenditi la tua identità".

Lode a Bradbury e Orwell che avevano capito tutto.