Da Facebook a Apple è un fiorire  di possibilità per genitori e figli  di condividere gli stessi contenuti  Tanti vantaggi e qualche avvertenza


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Una volta bastava non perdere il controllo del telecomando. O accostare l’orecchio alla porta della stanzetta durante le interminabili telefonate pomeridiane per avere, se non la certezza, almeno l’illusione di conoscere interessi e problemi dei propri figli. C’era, certo, la zona franca del tempo trascorso fuori casa, ma una volta di nuovo tutti intorno a un tavolo o davanti alla televisione — ancor più rassicurante se con il volume al minimo — l’illusione del controllo tornava. Oggi c’è Internet e i figli, ma anche i genitori, hanno accesso costante a un universo di informazioni e relazioni senza limiti apparenti. Sembra brevissima la distanza temporale che trascorre fra il momento in cui mamma e papà si lasciano tentare dalla capacità di smartphone e tablet di attirare l’attenzione dei più piccoli per tirare il fiato qualche minuto a quello in cui i pargoli, un po’ cresciuti, montano video con semplici programmi sui loro schermi personali per far ridere gli amici e si scambiano in un giorno tante foto quante gli adulti ne scattano in un anno intero. 
I dispositivi, lo dice l’Istat, vanno per la maggiore nelle case con almeno un minorenne: l’87,8% ha un computer e l’85,7% una connessione. «I genitori oscillano dalla tecnofobia al disinteresse e all’incapacità di confrontarsi su un terreno più agevole per i figli, ma devono rendersi conto che perdono un’opportunità per conoscerli e comunicare con loro in un modo nuovo o alternativo», spiega Paolo Ferri, docente dell’Università Bicocca che all’argomento ha appena dedicato il libro «I nuovi bambini» (Bur).  I contesti per «giocare» insieme esistono. Lo startupper Marco Gafforni l’intuizione l’ha avuta con l’applicazione «Save the mom», pensata per organizzarsi e comunicare a distanza con liste della spesa, calendari di appuntamenti e fotografie condivisi fra i membri della stessa famiglia. «È stata scaricata da 30 mila utenti — racconta — adesso anche i grandi marchi stanno integrando le funzioni che avevamo immaginato, come l’invio di messaggi vocali».
È vero. Facebook ha appena lanciato l’app Gruppi, così da avere uno spazio separato dal social network (anche) per le famiglie. Non è solo una questione di comunicazione: nell’ultimo sistema operativo di Apple, ad esempio, i genitori possono ricevere un avviso per confermare o meno gli acquisti digitali dei figli all’interno della funzione «In famiglia». Oltre ad approvarli e a mettere al sicuro il saldo della carta di credito, vedono crescere un’ambiente comune con i film e le canzoni preferite di tutti o quell’applicazione di ritocco delle fotografie che svela la creatività della figlia minore. Il fratello, adolescente con musica a tutto volume nelle cuffie, accetta l’abbonamento familiare alla piattaforma di streaming Spotify perché costa la metà, a dimostrazione di come anche le iniziative commerciali dei nuovi media inizino a stringersi attorno al focolare (digitale) e con le liste di brani visibili da mamma e papà aprano una porta sui suoni con cui i figli stanno crescendo.  Certo, alla «Save the mom» di turno i più giovani continueranno a preferire il loro profilo Instagram o gli scambi su Whatsapp con i coetanei. E non è verso la condivisione a tutti i costi che si sta andando; Windows Phone «protegge» i genitori con una zona del loro smartphone dedicata ai bambini e separata da tutto il resto. Si tratta di iniziare, e sta succedendo, a masticare l’argomento insieme in un perimetro all’interno del quale ciascuno fa, anzi scarica, e condivide quello che preferisce. La sera, sul divano, poi è sempre la stessa storia.